29/12/11

L'anno che verrà

Nel post che chiudeva l'anno 2008 scrivevo che avremmo vissuto l'anno nuovo "...tra recessione, inflazione, deflazione e tasse che proprio non caleranno, visto che le proiezioni dei cervelloni danno tutto il 2009 in sofferenza..." Nel frattempo, il puttaniere nazionale accusava di disfattismo coloro che parlavano di crisi. Alla fine del 2009, nel solito post conclusi scrivendo "...Ci ritroveremo tutti, insieme a parenti ed amici, per affrontare la fine di un anno abbastanza faticoso con la speranza di iniziarne uno nuovo, migliore..." Il vecchio puttaniere ed i suoi servi, nel frattempo, stavano sfasciando il Paese. Alla fine del 2010, scrissi "...Sempre più persone vivono uno stato di bisogno, la crisi economica per noi sembra non avere fine, sempre più poveri ed emarginati affollano le nostre città..." Nessuno tra noi, tuttavia, allora immaginava che nell'anno che sta per finire, grazie al governo più indegno che si ricordi, avremmo sfiorato lo sfascio totale del Paese. Siamo precipitati, comunque, in un baratro dal quale, ad oggi, nessuno ci assicura che ne usciremo indenni.

Sono convinto che i propositi per l'anno nuovo debbano essere il frutto di una maggiore consapevolezza, più volte richiamata in passato. La democrazia, intesa come potere e forza dello Stato di riconoscere e tutelare i diritti degli individui, è minacciata dall'assalto di un nuovo potere: il capitalismo senza frontiere e regole, anche conosciuto come quel processo economico definito globalizzazione. Quella che viene spacciata per una crisi economica e finanziaria mondiale, in realtà è un attacco del mercato e della finanza speculativa a quei poteri che le rivoluzioni ed i morti dei secoli scorsi avevano assegnato alle democrazie: il controllo della politica sul mondo degli affari e la tutela dei lavoratori e delle classi sociali più deboli.

Se guardiamo a cosa sta avvenendo nel mondo e, quindi, anche nel nostro Paese, ci accorgiamo che più dei governi, sono le banche e i fondi privati della finanza mondiale a decidere le sorti di un popolo. La politica non è più al nostro servizio ma preda, se non complice, della finanza speculativa. Questo vale sia per la sinistra, un tempo più sensibile alla difesa dei bisogni e dei diritti collettivi ma oggi incapace di fronteggiare l'attuale momento sia per la destra, sicuramente più liberista, individualista e, proprio per questo, corresponsabile di questo attacco ai poteri della democrazia. Oggi, entrambe esercitano un ruolo loro delegato dal sistema degli affari, sistema che mira soltanto a ottenere il massimo del profitto.

Se si comprende questo, allora si comprendono anche i tentativi di emarginare, anestetizzare o nascondere qualsiasi protesta, illudendo l'opinione pubblica che la salvezza sia nella "crescita economica", anche ottenuta a costo di rinunciare, o meglio abolire, i diritti democraticamente ottenuti dai lavoratori e dalla società civile. Si comprende, ancora, perché si impedisce alla collettività di esercitare il diritto a poter discutere se quella "crescita economica" sia benefica o nociva per la stessa. Il mercato globalizzato, persegue tutt'altro scopo che il "benessere collettivo"  e non c'è petrolio che distrugge ecosistemi o energia nucleare che devasta paesi che può impedire al sistema degli affari di raggiungere il suo scopo: il profitto. Si comprende, infine, la natura di certi "provvedimenti emergenziali", spacciati come necessari per la salvezza di un Paese e delle generazioni future ma che tali non sono, utili soltanto a smantellare lo stato sociale, i diritti dei lavoratori ed a proteggere banche e sistema finanziario speculativo.

A questo punto, per vincere il conflitto in corso, serve una rivoluzione culturale che sottragga la coscienza dei singoli individui all'etica del guadagno ed al culto del denaro, princìpi che hanno soppiantato, in qualsiasi campo, ogni altro valore etico e morale. La devastante "cultura" diffusa nella nostra società nel ventennio berlusconiano, lascerebbe spazio a poche aspettative. Eppure, piccoli barlumi di speranza in questo senso, vanno sicuramente riconosciuti all'anno che sta per concludersi: nuove forze collettive costituite da giovani generazioni hanno attraversato il mondo attraverso la "rete", con una forza d'urto democratica maggiore di quella provocata da moribondi o asfittici politicanti e mestieranti della politica, regimi e dittature. Dalla Spagna all'Italia, dalla Libia alla Tunisia, dalla Grecia all'Egitto, dalla Siria all'India, dal Brasile fino all'America, nascono e crescono nuovi movimenti anti-autoritari e contro la dittatura della finanza.

La protesta sta assumendo una dimensione globale. Da Occupy Wall Street ai nostri Draghi Ribelli, milioni di giovani in tutto il mondo, collegati tra loro attraverso la rete, hanno iniziato una protesta che ha un solo obiettivo: la finanza e la crisi che ha provocato nel mondo intero. L'incondizionato appoggio a questi movimenti che hanno promesso, per il 2012, maggiore impulso alla loro protesta, ritengo sia necessario, di vitale importanza.

Ancora: per vincere la stretta mortale con cui la finanza sta strangolando la nostra società, è necessario riappropriarsi di quei poteri elettivi che, il popolo, esercitava prima che fosse costretto a votare assemblee di nominati, utili solo a fare gli interessi dei gruppi affaristici. E' necessario sollecitare e ottenere, al più presto, una nuova legge elettorale che restituisca a noi, il diritto di scegliere chi deve rappresentarci.

Infine, e questo l'ho più volte dichiarato ultimamente, sosterrò nuovi soggetti e nuove forze sociali, dove le giovani generazioni siano i protagonisti e che, comunque, intendano riappropriarsi del loro e del nostro futuro. Questo, significa guerra aperta a tutti coloro che fino ad oggi hanno rappresentato e ancora rappresentano la vecchia politica ed i politicanti di mestiere. Devono sparire dalle nostre vite e non devono più sedere in alcun organo che rappresenti le nostre Istituzioni a livello internazionale, nazionale o locale che sia.

Nessuno escluso.

19/12/11

Promesse

Ricordo che lo promisero anche negli anni 90, quando iniziarono ad affermare che il mondo del lavoro era "troppo rigido". I lavoratori, per nulla convinti, furono accusati di "bloccare il Paese" e lo sviluppo economico ma, soprattutto, di pregiudicare il futuro delle giovani generazioni. Serviva maggiore "flessibilità" e, per farla digerire, la prospettarono come un progresso delle conoscenze e delle capacità individuali e collettive, al contrario di attività povere e ripetitive come quelle tipiche di un sistema "troppo rigido". I giovani avrebbero avuto maggiori possibilità di accesso al mercato del lavoro e prospettive di miglioramento economico, assicurate. Per gli imprenditori sarebbe stata l'occasione per un rilancio economico senza precedenti. A 20 anni di distanza, bisognerebbe chiederlo ai lavoratori "flessibili" quali vantaggi hanno ottenuto a livello individuale, conducendo una vita da precari. Bisognerebbe chiederlo alla società quali vantaggi ha ottenuto da coloro che lavorano senza possibilità di costruire un futuro. I vantaggi agli imprenditori, li vediamo: oggi delocalizzano, alla ricerca di nuovi individui da sfruttare, dopo aver ampiamente sfruttato nel Belpaese. Altri falliscono, miseramente.

Oggi, il Governo dei "sobri" attraverso la Ministra che piange, è pronto a riformare il mondo del lavoro per l'ennesima volta e, complice la Mercegaglia, si un'altra fottutissima donna, a metter mano all'ultima trincea dei lavoratori: l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che consente il licenziamento per "giusta causa" o per "giusto motivo". Come all'epoca, è già iniziato il ritornello da parte degli illuminati: "non esistono tabù, non esistono ideologie. E' necessaria una maggiore flessibilità in uscita, per garantire una dinamica del mondo del lavoro che smetta di tutelare gli occupati anziani a fronte dei disagi dei precari giovani".

Tranquilli comunque, la Ministra, a cose fatte, ci commuoverà con qualche lacrima, annunciando che, si, finalmente giovani ed anziani avranno le stesse prospettive di vita.

E' vero, aggiungo io, allo stesso modo precari, ricattabili e con salari da morti di fame.

A proposito: vi state chiedendo cosa promisero negli anni 90? Ma è ovvio: un futuro migliore!

Un saluto da Zion. E buone feste... se ci riuscite!!

12/12/11

12.12.2011

Un mese fa, cadeva il governo più vergognoso, inetto e devastante che il Paese abbia avuto dal dopoguerra ad oggi. Un governo, non va dimenticato, votato dagli italiani. Si spera che, gli stessi, abbiano fatto una profonda riflessioni sulle scelte che fecero e sulle implicazioni che, le stesse, hanno avuto. Ad avvenute dimissioni, il centro di Roma fu invaso da folle festanti e caroselli di auto, fino a notte inoltrata. L'ubriacatura per la "liberazione" durò più o meno una settimana. Un'altra settimana passò tra curiosità ed ammirazione per i componenti del nuovo governo, definito dei tecnici, molto sobri e particolarmente ermetici nelle loro dichiarazioni, a differenza di chi li aveva preceduti. Un altra settimana, più o meno, passò tra indiscrezioni, smentite e nuove indiscrezioni su quella che sarebbe stata l'ennesima manovra di aggiustamento dei nostri conti pubblici. Oggi, ad un mese di distanza, non solo sappiamo quanto grande è stata la devastazione provocata al Paese dagli ultimi tre anni di governo Berlusconi ma abbiamo anche certezza di cosa sarà il nostro domani: un lungo susseguirsi di incertezze e difficoltà.

Ho deciso di aspettare anche io la definitiva approvazione, in Parlamento, di quelle 104 pagine del provvedimento che il Capo del Governo Monti ha chiamato "Salva Italia". Le ho lette, credo a differenza di molti, e c'è di che tagliarsi le vene e non lo dico in senso metaforico. Se passa così com'è stato formulato, prevedo suicidi a valanga e antidepressivi a vagonate, soprattutto tra le classi sociali più deboli. Ho già espresso alcune forti perplessità al riguardo e nutro poche speranze che dalla discussione in Parlamento, ovvero da quell'accozzaglia di gente infame che ci ha portato allo sfascio, possa nascere alcunché di positivo. Per il nostro futuro, intendo. Il loro, proseguirà come nulla fosse, ci scommetto. Però aspetto, sempre felice di essere smentito dai fatti. Nei tre anni di vita di questo blog, non è mai accaduto. Questa volta, sarebbe auspicabile.

Nell'attesa, c'è da ubriacarsi con il clima festaiolo e gioioso del Natale. Già compaiono le prime luminarie per strada, le vetrine sono addobbate di tutte quelle cose inutili che fanno felice la nostra esistenza, la pubblicità televisiva ci ricorda che è ora di comprare quell'ultimo gioiellino tecnologico che non ti deve mancare, quel viaggio esclusivo, quel profumo che fa fighi pure se non ti lavi, quell'abitino che fa sexi anche una taglia 54, quel panettone che fa "famiglia felice". Tutti si sentono più buoni, si addobbano gli alberi di natale, si allestiscono i presepi, si accendono le lucine in casa.

Ho urgente necessità di dare di stomaco. Scappo!!

Un saluto da Zion.

 

06/12/11

Sulle lacrime e sull'equità

Non provo alcuna ammirazione per la ministra che piange. Vivo, quotidianamente, con persone che piangono da molto tempo; che lentamente sono entrate nel tunnel della depressione; che sono preda delle crisi di panico. Persone che, in un'età che varia tra i 40 ed i 50 anni, hanno visto franare ciò che avevano realizzato nella loro vita, il benessere assicurato da un onesto lavoro che non c'è più da anni. Piangono quotidianamente, tra l'estenuante lotta per la sopravvivenza e quella per ricostruire un futuro, senza alcuna telecamera a riprendere la loro disperazione e senza nessun pubblico che si commuove.

 

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Piuttosto, mi procura fastidio la lacrima spesa da chi scrive un provvedimento che causerà profondo disagio ad una parte dei "soliti noti" e, subito dopo, ne scrive un'altro che assicurerà la garanzia dello Stato, ovvero dei soliti noti per cui piange, ai debiti delle banche. Quelle banche che, ormai da tempo, non investono più nell'economia reale, quella necessaria a produrre benessere per tutti, ma operano nel virtuale, in quella finanza capace di riempire, con immense fortune, il portafoglio di pochi.

Non mi conforta sapere che il nostro pacato Capo del Governo ha rinunciato al suo compenso da Capo e da Ministro: potrà sopravvivere con i restanti 20.000 euro che percepisce per la carica di senatore e con quello, non poco, che ha già di suo! Quella "rinuncia" l'aveva fatta anche il suo predecessore, devolvendo il compenso, a suo dire, per opere di carità. E' un gesto che non fa la differenza tra un buono ed un cattivo. La differenza la fanno le migliaia di persone che provano a sopravvivere con meno di 1.000 euro al mese, rinunciando a tutto. Non hanno un pubblico ad applaudirli.

Ho provato e provo fastidio ogni volta che sento i politici, compresi quelli che sobriamente compongono il più sobrio governo che il Paese abbia mai avuto, pronunciare la parola "equità". Detta da loro, riferendosi ai contenuti della manovra necessaria per salvare il Paese, sa tanto di zucchero aggiunto ad una pozione velenosa. Pozione da offrire a coloro che contribuiscono, al 100%, alle entrate fiscali dello Stato, attraverso la tassazione del loro reddito da "lavoro dipendente". Reddito che, peraltro, garantisce la quasi totalità delle entrate fiscali dello Stato.

Provo enorme fastidio nell'ascoltare i lamenti di alcuni "monsignori" per una manovra che, a loro dire, poteva essere più "equa". Gli stessi, esempio vivente dell'ipocrisia, si guardano bene dal suggerire l'applicazione dell'i.m.u. sul loro immenso patrimonio immobiliare. Si guardano bene dal chiedere l'equiparazione fiscale delle loro attività commerciali, a quelle dei comuni mortali che pagano le tasse allo Stato italiano.

Mi infastidiscono, ancora, i toni da catastrofe che hanno preceduto e che ancora accompagnano la manovra "equa", sobriamente annunciata agli italiani. Mi sa tanto di problema creato ad arte per produrre una determinata reazione nell'opinione pubblica, in modo che, lo stesso, diventi la ragione delle misure che si desidera far accettare. La reazione è il panico. Le misure sono quelle "eque", appena imposte agli italiani con il beneplacido di un ex comunista seduto al Quirinale.

Mi rende particolarmente furioso il tentativo, subdolo, di contrapporre tra loro due generazioni, quella dei "vecchi" che vorrebbero andare in pensione e quella dei "giovani" che ancora devono entrare nel mondo del lavoro, al fine di giustificare, sobriamente, le loro "scelte urgenti per il miglioramento delle prospettive di crescita e di equità sociale".

Qualcuno si è chiesto come farà "il giovane", se il mondo del lavoro non si libera "del vecchio", ad entrare nello stesso ed a costruire la sua pensione? Si è chiesto quale crescita ci sarà, se la capacità di spesa della quasi totalità dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei giovani è stata ulteriormente contratta? Si è chiesto quale azienda "investirà" in risorse umane se, poi, non ci sarà qualcuno a comprare i beni che produce?

Non credo nella "catastrofe che incombe e che va evitata", così sobriamente annunciata e "equamente" divisa tra gli italiani. Se così fosse ben altre tasche, riccamente piene o profondamente colpevoli dell'attuale crisi, avrebbero dovuto iniziare a pagare. E' vero, alcuni schizzi della valanga di merda che ha sommerso definitivamente i "soliti noti", hanno imbrattato anche i vestiti griffati di alcuni tra coloro che non hanno mai pagato! Appunto, fastidiosi schizzi di merda.

Mi procura sconforto ascoltare coloro che avvertono "... è solo l'inizio. Vedrete che i ricchi pagheranno". Ve lo dico con pacatezza e sobrietà: non venite a prendermi per il culo! Non è il momento. L'unica certezza, per ora, è che il futuro di milioni di persone, lavoratori, pensionati e giovani è stato nuovamente modificato. In peggio. L'altra certezza è che questa manovra, tra qualche mese, non basterà. Questo è il futuro.

Infine e per ora, nessuno si azzardi ad affermare che la mia futura pensione era ciò che stava per far crollare il Paese. Non lo sopporterei, ve l'assicuro.

Un saluto da Zion.

05/12/11

Pausa

Ora devo capire e poi riflettere. Devo capire cosa mi stanno chiedendo, ancora. Riflettere su cosa salvare del mio presente, già compromesso ampiamente. Riflettere sul mio  futuro, modificato mio malgrado e per l'ennesima volta. Scusate amici miei, capire e riflettere è necessario. Vitale.